L'ASSASINIO DI LUCREZIA DONDI DALL'OROLOGIO


Il castello del Catajo, imponente e magico, non passa di certo inosservato a chi percorre l'argine del Canale Battaglia, la via che conduce da Padova a Battaglia Terme. Il suo strambo nome deriva dal toponimo del 1200 "Ca' lungo il tajo", casa lungo il canale. Questa umile dimora fu voluta da Pio Enea I degli Obizzi, lo stesso che inventò l'arma che tutt'oggi porta il suo nome: l'obice. Il castello è immenso, a testimoniare la grandezza e la forza degli Obizzi, famiglia di militari mercenari arricchitasi grazie al suo esercito privato che combatté per tutte le signorie dell'epoca. Non possiamo non menzionare poi la sua posizione: incastonato nei Colli Euganei, ha come cornice un enorme parco, il Giardino delle delizie, fitto di piante esotiche, fontane, magnolie, che ospita addirittura una delle prime sequoie che arrivarono nel 1600 dall'America. Accanto al laghetto punteggiato di ninfee troviamo ancora la piscina scavata nella roccia dove facevano il bagno i nobili e le dame dell'epoca, ben riparati sotto grandi tende per evitare il contatto con i raggi del sole.
 
Che abbiate o meno passione per l'architettura, immagino che se state leggendo queste righe non è la planimetria del castello che vi interessa, perciò andiamo al sodo. Pare che in questo luogo vaghi lo spettro di Lucrezia Dondi, moglie dell'illustre guerriero e poeta Pio Enea II degli Obizzi. Oh, l'ho detto! Il suo cognome dovrebbe suonarvi familiare, infatti apparteneva a una delle famiglie più importanti della Padova del tempo: i Dondi dall'Orologio. E quando dico "orologio" intendo quel! 'orologio: dobbiamo a loro infatti l'orologio di piazza dei Signori. Lucrezia fu la sfortunata protagonista del più famoso fatto di cronaca l)era del Seicento padovano, poiché morì assassinata nella sua camera da letto durante la notte del 15 novembre 1654.

Quella sera il marito si trovava a Ferrara per affari, mentre Attilio Pavanello, nobile padovano amico dell'Obizzi, escogitava il suo piano malefico. Introdottosi in casa con una scusa, finse di andarsene e si nascose invece nel corridoio di servizio attiguo alla stanza della povera Lucrezia. Più tardi, quando ebbe la certezza che tutti dormissero, si recò furtivamente nella camera della malcapitata, chiuse a chiave le porte e cercò di ottenere, prima con le buone e poi con le cattive, quello che da tempo bramava. Il Pavanello non accettò sportivamente di essere respinto, tanto meno le minacce della donna, così, temendo anche di essere scoperto, infierì su di lei a rasoiate e, per farla tacere per sempre, le recise la gola. Infine, sconvolto e in preda all'orrore, fuggì. Lucrezia venne sepolta presso la cappella della Madonna Mora, nella basilica di Sant'Antonio. L'assassino venne ucciso a sua volta sul piazzale del Santo dal figlio stesso di Lucrezia, che vendicò così la madre.

Vendicata sì, ma non per questo serena. Infatti l'anima inquieta della malcapitata si aggirerebbe per le stanze dell'ultimo piano, mostrandosi spesso alle finestre. Addirittura durante un concerto dei Solisti Veneti tenutosi al castello, il pubblico notò una signora affacciata a una delle finestre più alte, quelle che da anni sono chiuse e inagibili. Si narra inoltre che sul luogo del delitto sia ancor:a visibile il sangue che la malcapitata versò quando venne uccisa.

Quel che è certo è che oggi a Palazzo della Ragione potete leggere un'incisione in lingua latina che recita:
 

Venera (o visitatore)
 l'immagine e la vittima della Pudicizia,
Lucrezia Dondi dall'Orologio,
moglie di Pio Enea degli Obizzi, Marchese d'Orciano.
Questa di notte nel letto nuziale
col suo sangue pudico
smorzò le fiamme furenti di un novello Tarquinio.
E superò la romana Lucrezia,
gloria del talamo intemerato.
Alla sua grande eroina la città di Padova
con mani generose
dedicò questo monumento
per decreto il 31 dicembre 166

 
Anni dopo l'omicidio di Lucrezia, l'ultimo erede degli Obizzi, Tommaso, commise un altro delitto: uccise per gelosia la moglie Barbara Querini, che si diceva lo tradisse. Pure questo fantasma avrebbe scelto il ç:astello del Catajo come luogo di villeggiatura. Alcuni sostengono che anche l'anima di Gabina, la più nota cortigiana del castello, che qui nacque e morì, ancora si aggiri per le medesime stanze. La visita vale il viaggio, indipendentemente dall'avvistamento di un qualche spiritello, per via degli affreschi di Gian Battista Zelotti e della fontana dell'Elefante. Sappiate inoltre che il prato, tramite un'ingegnosa rete idraulica, poteva es~ere allagato per allietare gli ospiti del palazzo. E se ancora avete l'amaro in bocca, cercate la simpatica iscrizione vicina alla nicchia contenente il busto di Gabina. E fatevi una risata!


Veduta laterale del Palazzo della Ragione in un 'incisione di fine Ottocento

   

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tratto da "Misteri e storie insolite di Padova" -Newton Comption editori